Il nostro Ade ha fatto due chiacchiere con gli Aydra, storica band di Ancona, tornata prepotentemente sul mercato dopo tanti anni con Leave To Nowhere, full-length del 2024.
MF: Ciao ragazzi, come andiamo?
Mauro: Questo è un periodo intenso e florido per la band, stiamo vivendo una seconda giovinezza con continui input e output, quindi alla grande!
Marcello: Nelle vene ancora scorre il metallo quindi direi che va tutto bene.
Mauro: Questo è un periodo intenso e florido per la band, stiamo vivendo una seconda giovinezza con continui input e output, quindi alla grande!
Marcello: Nelle vene ancora scorre il metallo quindi direi che va tutto bene.
MF: Mi raccontate come è nata la reunion, e perché?
Andrea: La vera reunion avvenne nel 2012 dopo diversi anni di fermo. L'idea venne a me e la proposi a Mauro che all'inizio fu un po' scettico. A noi si unirono Giuseppe, Marco e Luca Calò e facemmo un paio di date. Poi io ebbi un'importante opportunità lavorativa che mi avrebbe portato fuori dall'Italia per lunghi periodi e a malincuore lasciai il gruppo che però trovo in Andrea Massetti un più che valido sostituto. Prima di partire lasciai "in eredità" un brano, che all'epoca si intitolava "Neural disgregation" e poi divenne "Leave to nowhere". Sulla genesi di "Leave to nowhere" è meglio che siano Mauro, Giuseppe e Marco a parlarne. Così come sulla scelta dei nuovi membri della band, tra virgolette perché sia io che Marcello siamo vecchi, in tutti i sensi.
Andrea: La vera reunion avvenne nel 2012 dopo diversi anni di fermo. L'idea venne a me e la proposi a Mauro che all'inizio fu un po' scettico. A noi si unirono Giuseppe, Marco e Luca Calò e facemmo un paio di date. Poi io ebbi un'importante opportunità lavorativa che mi avrebbe portato fuori dall'Italia per lunghi periodi e a malincuore lasciai il gruppo che però trovo in Andrea Massetti un più che valido sostituto. Prima di partire lasciai "in eredità" un brano, che all'epoca si intitolava "Neural disgregation" e poi divenne "Leave to nowhere". Sulla genesi di "Leave to nowhere" è meglio che siano Mauro, Giuseppe e Marco a parlarne. Così come sulla scelta dei nuovi membri della band, tra virgolette perché sia io che Marcello siamo vecchi, in tutti i sensi.
MF: Si ma perché? Cosa vi ha spinto ad uscire dalla brumazione e tornare a suonare, a sbattervi, a riprovarci?
Mauro:
dopo le registrazioni di Hyperlogical Non-Sense e dopo l'uscita
del disco, non siamo riusciti a
rendergli il tributo che meritava, a causa di problemi di formazione,
quindi l'album, che comunque era secondo noi meritevole non risuonò come
doveva. Io ho sempre avuto quell'amarezza nel dire che avremmo
potuto ma non siamo stati in grado, inoltre nel cuore ha sempre pulsato
il metallo e finire così dopo tanti anni di onorato servizio sarebbe
stato veramente brutto. Le idee c'erano, accumulate nel corso degli anni
e quindi abbiamo ripreso in mano il progetto e siamo ripartiti.
Marcello: Io sono solo tornato a casa, o almeno quella è la sensazione che provo quando salgo sul palco con i miei amici e ottimi musicisti. Quando sono stato riconvocato, ho imbracciato lo strumento e sono ripartito dopo 20 anni come se in realtà fossero passati 20 giorni.
Andrea: Per me, come per Marcello, è stato come tornare a casa. Oltretutto quando Mauro mi ha chiesto se volessi tornare nel gruppo stavo passando un brutto periodo a livello personale. Ero arrivato al punto di pensare di mettere la musica da una parte. E invece.
Marcello: Io sono solo tornato a casa, o almeno quella è la sensazione che provo quando salgo sul palco con i miei amici e ottimi musicisti. Quando sono stato riconvocato, ho imbracciato lo strumento e sono ripartito dopo 20 anni come se in realtà fossero passati 20 giorni.
Andrea: Per me, come per Marcello, è stato come tornare a casa. Oltretutto quando Mauro mi ha chiesto se volessi tornare nel gruppo stavo passando un brutto periodo a livello personale. Ero arrivato al punto di pensare di mettere la musica da una parte. E invece.
MF: Dal prima a oggi,
che differenze sentite o vedete? Gli anni passano e le persone
cambiano, come è oggi nel post reunion in confronto a prima dello
scioglimento?
Andrea: Sicuramente gli impegni dovuti a lavoro e famiglia sono diversi
rispetto a 20-25 anni fa. Il tempo da dedicare alla musica è sicuramente
minore, quindi bisogna ponderare gli impegni e massimizzare gli sforzi.
Però tornare, a quasi 50 anni, a far musica propria e riuscire in
qualche modo a proporla anche e soprattutto dal vivo è sempre una
figata. E l'attitudine è sempre la stessa.
Mauro: Le differenze tra "prima" e "oggi" sono davvero enormi e il
cambiamento passa principalmente attraverso l'avvento di internet, che
ha trasformato completamente il modo di vivere la musica e i rapporti
tra le persone. Noi siamo nati in un periodo in cui per comunicare si
scrivevano lettere, si tenevano corrispondenze con amici, zine, giornali
e altre band. Ogni giorno si guardava nella cassetta delle lettere,
aspettando con trepidazione una risposta. Era un modo di vivere i
rapporti più reale, più concreto.
Ricordo con nostalgia gesti che oggi potrebbero sembrare banali o superflui. Andavo alla cabina telefonica per chiamare altre band come Disease, Detestor o Sadist, magari per accordarci su un concerto o semplicemente per sentirci. Ogni comunicazione aveva un costo, non solo economico ma anche in termini di tempo e impegno. Ed è proprio questo che dava un valore unico a tutto. Tutto aveva un peso, una ritualità che oggi sembra essersi persa. L’accessibilità immediata che offre internet ha reso tutto più veloce ma forse anche meno profondo. Non si trattava solo di musica ma di costruire relazioni autentiche e vivere un’esperienza condivisa. È un’epoca che ricordo con affetto.
Ricordo con nostalgia gesti che oggi potrebbero sembrare banali o superflui. Andavo alla cabina telefonica per chiamare altre band come Disease, Detestor o Sadist, magari per accordarci su un concerto o semplicemente per sentirci. Ogni comunicazione aveva un costo, non solo economico ma anche in termini di tempo e impegno. Ed è proprio questo che dava un valore unico a tutto. Tutto aveva un peso, una ritualità che oggi sembra essersi persa. L’accessibilità immediata che offre internet ha reso tutto più veloce ma forse anche meno profondo. Non si trattava solo di musica ma di costruire relazioni autentiche e vivere un’esperienza condivisa. È un’epoca che ricordo con affetto.
Giuseppe: Negli anni cambia tutto, nel bene e nel male. Da una parte
ciascuno di noi ha più pensieri in testa e sempre meno tempo per la
musica, dall'altra parte però cresce la motivazione e la voglia di
capitalizzare al massimo il tempo che dedichiamo alla musica, perché se
dopo tutti questi anni si prende ancora la chitarra in mano significa
che voglia e attitudine col tempo non sono diminuite ma sono cresciute
esponenzialmente.
Marcello: Personalmente vedo tanta tecnologia in più, tante cose da imparare e tenere aggiornate. Ma essere un boomer ha dei lati positivi e li vedi sul palco quando quello spirito "anni 90" ti arriva come un treno in faccia quando sei davanti al palco a pogare. Penso che questo modo di fare le cose sia apprezzato non solo dai tanti metallari over 40/50, che si tuffano nel loro passato, ma anche dai ragazzi più giovani che vivono un'esperienza diretta e originale di cosa sia smetallare in un certo modo.
Marcello: Personalmente vedo tanta tecnologia in più, tante cose da imparare e tenere aggiornate. Ma essere un boomer ha dei lati positivi e li vedi sul palco quando quello spirito "anni 90" ti arriva come un treno in faccia quando sei davanti al palco a pogare. Penso che questo modo di fare le cose sia apprezzato non solo dai tanti metallari over 40/50, che si tuffano nel loro passato, ma anche dai ragazzi più giovani che vivono un'esperienza diretta e originale di cosa sia smetallare in un certo modo.
MF: Eh, avendo un'età anche io, condivido tanto di quello che dite. Credo
che ogni mezzo porti con sé delle possibilità e dei rischi. Il
rapporto tra le persone meno profondo è senz'altro un grosso rischio in
cui tanti incappano. Con interviste come questa, cerchiamo di mantenere
un rapporto umano reso anche più semplice dalla tecnologia di oggi.
Marco: Considerando quello che c’è oggi sulla scena, sono fiero di essere un boomer. Una
grossa differenza che ho notato in questi ultimi anni è
l’estremizzazione della tecnica strumentale, quasi come se fosse una
gara a chi va più veloce o chi suona più note al secondo, si lavora
molto poco per l’economia del brano trascurando quasi del tutto
l’aspetto musicale. Come sappiamo, la tecnologia moderna, insieme ai
social media e alle piattaforme di streaming, è la principale
responsabile di questa tendenza. Hanno inondato il mercato musicale di
band e brani, molti dei quali di qualità discutibile. Oggi una band,
per cercare di emergere, ha a disposizione solo 5 secondi di attenzione
da parte dell’utente, prima che questo scrolli il telefono. Per quello
che mi riguarda, ricordo quando iniziai a suonare negli anni ’90: la
scena musicale era molto meno satura, le uscite erano più limitate,
rimanevi al passo e non vedevi l’ora di andare a comprare i dischi in
negozio. All’epoca avevi il tempo di ascoltare un album per intero e
assaporarlo. Oggi, nel bene e nel male, la situazione è completamente
diversa, sulla carta con la tecnologia dovevamo avere più tempo e invece
all’atto pratico con tutta questa frenesia, lo abbiamo diminuito.
MF: Come avviene il processo di composizione? Cioè, non è che mi
interessa sapere chi porta un riff e chi lo modifica e chi lo sviluppa,
ma piuttosto come avviene l'impollinazione, come l'ispirazione vi
raggiunge e vi porta a scegliere certe strade invece che altre.
Mauro: Personalmente quando inizio a scrivere qualcosa prima di tutto
comincio prendendo la chitarra in mano e inizio ad esplorare delle linee
melodiche, una volta individuato un riff che mi suona bene in testa e
che sento emotivamente valido, gli altri riff vengono da soli, almeno
quelli che compongono lo scheletro del pezzo, da li poi propongo l'idea
agli altri, che se la ritengono interessante ci si lavora tutti
insieme, altrimenti viene messa da parte per tempi di magra, o come
bacino di riff per altre canzoni.
Giuseppe: Per me è tutto abbastanza naturale. L'idea può arrivare in qualsiasi momento e quando succede prendo un appunto in qualche modo per non lasciarla scappare. Con gli Aydra si è fatta la scelta di evitare, nei limiti del possibile, di proporre brani già completi ma piuttosto di portare materiale da far passare di mano in mano all'interno della band, in modo da creare da subito un sound compatto e coerente.
Giuseppe: Per me è tutto abbastanza naturale. L'idea può arrivare in qualsiasi momento e quando succede prendo un appunto in qualche modo per non lasciarla scappare. Con gli Aydra si è fatta la scelta di evitare, nei limiti del possibile, di proporre brani già completi ma piuttosto di portare materiale da far passare di mano in mano all'interno della band, in modo da creare da subito un sound compatto e coerente.
MF: E per i testi? Com'è la storia?
Mauro: I testi dell'album "Leave To Nowhere", scritti da me, raccontano un viaggio intenso e drammatico, profondamente ispirato alla realtà di milioni di migranti che fuggono dall'Eritrea. Ogni canzone rappresenta un capitolo di questa storia, intrecciando emozioni, paure e lotte in una narrazione che cerca di essere potente e coinvolgente. Il processo è stato abbastanza semplice, durante la permanenza di Andrea in Africa con Medici Senza Frontiere ci capitava spesso di affrontare on line questa problematica, ricollegandola a quello che poi in realtà era percepito in Italia. Questo mi ha spinto a scrivere una storia che raccontasse le sofferenze di queste persone, la totale assenza di empatia da parte di gran parte della popolazione è spaventosa. Volevo che l'album fosse più di un anonimo album di death metal, volevo portare un messaggio.
Mauro: I testi dell'album "Leave To Nowhere", scritti da me, raccontano un viaggio intenso e drammatico, profondamente ispirato alla realtà di milioni di migranti che fuggono dall'Eritrea. Ogni canzone rappresenta un capitolo di questa storia, intrecciando emozioni, paure e lotte in una narrazione che cerca di essere potente e coinvolgente. Il processo è stato abbastanza semplice, durante la permanenza di Andrea in Africa con Medici Senza Frontiere ci capitava spesso di affrontare on line questa problematica, ricollegandola a quello che poi in realtà era percepito in Italia. Questo mi ha spinto a scrivere una storia che raccontasse le sofferenze di queste persone, la totale assenza di empatia da parte di gran parte della popolazione è spaventosa. Volevo che l'album fosse più di un anonimo album di death metal, volevo portare un messaggio.
MF: Mi viene da chiedere, è frustrante il fatto che un lavoro del genere,
maturo sia dal punto di vista musicale e così profondo e sentito dal
punto di vista dei contenuti testuali, non abbia la considerazione che
meriterebbe? O invece siete appagati e soddisfatti del responso ottenuto?
Giuseppe: La risposta al disco che stiamo avendo dalla critica e dai fan
sta andando anche oltre le nostre più rosee aspettative. Quello che
soffriamo in questo momento è la gran fatica che purtroppo si fa sul
fronte live, il che ha anche un impatto sulla promozione del disco che
inevitabilmente ne risente. Ma questo è un problema strutturale in
Italia da diversi anni, sono in molti nella nostra situazione.
MF: Mi dite perché suonate? Non come band, ma proprio individualmente. Perché suonare? Da cosa è dipeso?
Marcello: Un giorno ho
sentito Aces High dei Maiden e mi è esploso l'universo davanti. La
chitarra è diventata una compagna di vita e la musica mi ha, per mia
fortuna, tenuto fuori da altre, più pericolose, attività che negli
anni 80 "andavano di moda". Devo tanto alla musica e a mio padre che
mi ha sempre incoraggiato e sostenuto, anche economicamente,
quando da solo non avrei potuto.
Andrea: Vedendo Cliff Burton e Steve Harris decisi che volevo un basso. Così
fu, grazie ai miei genitori che mi hanno sempre sostenuto in questa mia
passione, nonostante non apprezzassero più di tanto il tipo di musica
che avevo deciso di suonare.
Mauro: Mio fratello, più grande di me di 5 anni mi instradò nel metal con Powerslave dei Maiden e l'anno successivo con Reign In Blood degli Slayer. Nel 1990 a 14 anni già avevo la mia prima band e a 15 anni mi
reclutarono negli allora Hydra, che poi qualche anno dopo diventarono
gli Aydra.
MF: Ok ragazzi, siamo alla fine. Salutate o offendete chi volete.
Mauro: Una menzione speciale la merita Gabriele "Cruz" Fusco. Più o
meno l'anno scorso proprio in questi tempi stavamo pianificando l'uscita
dell'album per ottobre, avevamo in mente di farlo da soli ma lessi un post di Gabriele e la Rude Awakening, mi
trovavo a Roma per lavoro, lui seguiva già gli Aydra da tanti anni, lo
chiamai per vederci e parlare di eventuali collaborazioni, ci vedemmo e
ne parlammo e gli feci sentire il nuovo album, lui ne rimase
sconvolto, a fine chiacchierata avevamo pianificato già tutto il
percorso insieme, le ristampe in vinile, la stampa del CD live e di "Leave To Nowhere", incluse le date per le uscite
delle news e aggiornamenti. Insomma in un giorno ci siamo riempiti
tutto il calendario pianificando ogni cosa. Cruz è una bravissima
persona, ora anche un grande amico e sopratutto una persona affidabile al
100%. Abbiamo rispettato tutte le scadenze e tutte le tappe di questo
viaggio insieme. Avere una label piccola ma cazzuta come la Rude Awakening che crede nel tuo progetto fa veramente la differenza.
Marcello: Grazie del tempo che ci hai dedicato. Io saluto e do appuntamento a tutti quelli che vorranno venirci a vedere, ovunque andremo a suonare.
Marco: Ciao a tutti e grazie per l’intervista.
Andrea: Ciao a tutti e grazie per il supporto dato alla band nel corso dei decenni.
Mauro: Grazie Ade e un ringraziamento a tutto lo staff di Metal Fury per il vostro instancabile supporto alla scena metal italiana.
Marcello: Grazie del tempo che ci hai dedicato. Io saluto e do appuntamento a tutti quelli che vorranno venirci a vedere, ovunque andremo a suonare.
Marco: Ciao a tutti e grazie per l’intervista.
Andrea: Ciao a tutti e grazie per il supporto dato alla band nel corso dei decenni.
Mauro: Grazie Ade e un ringraziamento a tutto lo staff di Metal Fury per il vostro instancabile supporto alla scena metal italiana.